Fu un colpo che fece clamore: due giorni prima del Natale 2013, in pieno giorno, un assalto a colpi di mazze in una gioielleria di via Tornabuoni. Tre anni dopo la polizia ha individuato otto romeni ritenuti gli autori della rapina: quattro sono stati arrestati, due in Italia e due all’estero, gli altri sono ricercati in Francia, Slovenia, Romania e nel Regno Unito.
Le indagini della polizia si sono soffermate sulle testimonianze e sulle riprese delle telecamere di videosorveglianza, che nel pomeriggio di quel 23 dicembre avevano immortalato la rapina: l’ingresso in gioielleria abbattendo la porta blindata con una mazza, le minacce alla titolare per farsi consegnare venti orologi per un valore di 150mila euro, tutto in meno di un minuto nel bel mezzo dello shopping natalizio. Le immagini avevano permesso di contare per lo meno otto persone coinvolte nel colpo, una a distanza, due nelle vicinanze del negozio, cinque esecutori materiali. La polizia aveva anche recuperato una mazza e un’ascia nelle vicinanze, oltre ad alcuni indumenti compatibili con quelli indossati dai rapinatori: da questi sono stati estratti campioni di dna che sono stati raffrontati con quello dei sospetti. Le indagini per risalire agli otto presunti autori si sono incrociate con quelle su altri colpi simili: tre avvenuti in precedenza, tra cui un colpo fallito a luglio 2013 a Firenze (4 persone furono arrestate) e due riusciti a Milano a febbraio e maggio dello stesso anno; una rapina messa a segno in seguito in Belgio, nel febbraio 2014, costata alla banda altri otto arresti. Tutte azioni che ricondurrebbero ad un gruppo paramilitare di oltre 300 uomini addestrati a mettere a segno rapine in Europa. Le nuove reclute del gruppo provenivano spesso da orfanatrofi romeni e venivano sottoposti ad un addestramento militare di quattro mesi nei boschi della Romania. Di fatto venivano inseriti in una “nuova famiglia” – questo il nome dell’organizzazione in gergo – che contemplava regole rigide e prevedeva punizioni corporali. Per ogni colpo gli autori venivano pagati con 5mila euro, mentre in caso di arresto era prevista assistenza ai parenti.