Niente percosse da parte dei carabinieri, nessuno strangolamento, decesso dovuto prelaventemente all’intossicazione da droga: c’è questo nelle motivazioni della sentenza di primo grado sulla morte di Riccardo Magherini, che spirò la notte fra il 2 e il 3 marzo mentre veniva arrestato in San Frediano. Per quel decesso tre carabinieri sono stati condannati per omicidio colposo. Ma il giudice Barbara Bilosi, nello spiegare le ragioni della condanna, scrive che “il rimprovero di colpa negligente per omissione deve essere contenuto nell’arco temporale che va dalle ore 1.31 alle 1.44″ del 3 marzo 2014, cioè quelli relativi all’intervento in strada da parte dei militari”. Ma non ci furono violenze dei carabinieri su Magherini: “le lesioni riportate non possono essere in alcun modo ricondotte ad un’azione dei militari che, ad eccezione di due calci privi di efficienza causale sul decesso, non lo hanno picchiato, percosso, leso in alcun modo, come emerso nettamente dalla consulenza medico legale e come oggettivamente confermato dalla condotta autolesionistica di Magherini”. Quindi i segni sul volto e sul corpo “sono stati causati dallo sfregamento del volto sull’asfalto, dall’uso di manette, dall’inginocchiamento in terra volontario e ripetuto e dallo sfondamento di due vetrine con il corpo”. Il giudice Bilosi rileva che “il valore della componente che ha determinato lo stato asfittico è ben diverso da quella che può essere la componente asfittica in uno strozzamento o in uno strangolamento” ed “appare altrettanto evidente come la componente tossica sia assolutamente preponderante”. Per Bilosi “risulta del tutto infondata la tesi di presunti tentativi di depistaggio”. Il giudice ha anzi criticato la strategia degli avvocati di parte civile che avevano accostato il caso Magherini alle morti di Aldovrandi e Cucchi.