Gabriel Omar Batistuta ha parlato a La Nazione dell’educazione data ai suoi figli: ”
I miei figli lavorano, è vero. È un fatto di dignità. Potrei regalargli lusso e auto nuove, ma non so quanto si sentirebbero felici». Gabriel parla dall’Argentina dove è impegnato nella lavorazione del docufilm, insieme alla troupe fiorentina guidata dal regista Pablo Benedetti. Racconterà la vita e l’uomo Batistuta. Le riprese sono cominciate nell’autunno scorso in Italia, con Firenze in primo piano. Anche la casa di produzione (Sensemedia) è fiorentina. Gabriel, oggi che ha più tempo a disposizione come è il rapporto con i suoi figli? «Intanto me li godo di più, così come il resto della famiglia. Quando giocavo la mia vita era concentrata sul lavoro e nel migliorarmi di giorno in giorno. Almeno con tre figli riesco ad avere una bella frequentazione, Lucas, Joaquin e Shamel perché Thiago, il più grande, ormai si è ritagliato la sua strada nel modo della televisione e dello spettacolo, è veramente bravo. Lui vive a Buenos Aires». E gli altri? «Lucas dopo una breve esperienza in Italia che gli ha fatto bene (aveva giocato un anno in società dilettantistica di Firenze, il Portaromana, ndr), è tornato a casa e lavora con mio padre Osmar, nella sua azienda. Mentre Shamel, il più piccolo, studia». E Joaquin? «Lavora come commesso in una copisteria a Reconquista». Addirittura. «Il fatto che i miei figli lavorino, per me, è come poter regalare loro la dignità». Capirà, Gabriel, che non è proprio una cosa normale, visto chi è lei e come vivono di solito i campionissimi del calcio. «Potrei permettermi di regalare ai miei ragazzi delle auto nuove e di lusso, ma non so quanto si sentirebbero felici o quanto potrebbe durare quella felicità. Magari prenderebbero l’auto per fare un giro in centro, la gente e le ragazze in particolare li guarderebbero». E allora? «Molti potrebbero pensare ‘guarda che macchina che hanno’ e questo li potrebbe imbarazzare perché nell’intimo saprebbero che quell’auto non è davvero la loro. Nulla può reggere il paragone col guidare un’auto meno bella, ma per la quale si può dire, questa me la sono guadagnata da solo».