Era il 29 luglio del 1984: nella notte il mostro di Firenze colpiva ancora, uccidendo Pia Rontini e Claudio Stefanacci a Vicchio di Mugello. Sul finire della notte, alle 4.28, qualcuno chiamò la centrale operativa dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, segnalando un incidente stradale con un furgone e un autotreno coinvolti sulla strada sagginalese. Quel qualcuno si presentò come “signor Farini titolare del panificio Sagginale”, ma i due carabinieri che intervennero sul posto non trovarono niente. Fu poi appurato che a Sagginale non esisteva nessun panificio Farini. Ma Angelo Farini è il protagonista del primo fumetto edito nel gennaio del 1982 sul mostro di Firenze. E non è l’unico aspetto inquietante: nel fumetto Farini muore in un incidente con un autocarro, e il killer compie l’escissione del seno, che verrà effettivamente messa in atto su Pia Rontini.
La copertina e un estratto del fumetto edito nel gennaio 1982: il killer protagonista muore in un incidente stradale
“C’è da riflettere su questa telefonata secondo me”, spiega Paolo Cochi, documentarista e scrittore, che di questa circostanza si occupa nella nuova edizione di “Il mostro di Firenze. Al di là di ogni ragionevole dubbio”, in uscita a gennaio. “So che la telefonata è stata registrata in audio ed è stata depositata – rivela Cochi – se fosse del mostro, avremmo la voce del mostro”. Il documentarista aggiornerà il suo libro anche con l’ultima indagine, quella sul legionario Giampiero Vigilanti e sul medico Francesco Caccamo per la quale è stata chiesta l’archiviazione. Nell’intervista a Lady Radio che riproponiamo qua sotto, Cochi espone tutte le sue perplessità circa quest’ultimo filone: già dai primi interrogatori era emersa la presenza di Vigilanti a Vicchio sui luoghi del delitto non il giorno dell’omicidio, ma in quelli successivi. Le perquisizioni a casa di Vigilanti e della madre (che abitava a Vicchio) furono trovati ritagli di articoli di giornale sulle vicende del mostro, ma anche di quotidiani sportivi che niente avevano a che vedere con i delitti. C’è poi la questione della calibro 22 di Vigilanti, la High Standard e l’ipotesi che fosse la “seconda pistola” del mostro: le perizie balistiche sull’ultimo proiettile ritrovato tra i reperti del delitto di Scopeti, quello rimasto nel cuscino che era dentro a tenda delle vittime, hanno escluso categoricamente che quell’arma abbia sparato alla coppia di francesi. Ma, poiché risulta acquistata da Vigilanti nell’ottobre del 1984, spiega Cochi, non può essere neppure collegata ai delitti precedenti. E la stessa macchina presente vicino alla scena del delitto a Vicchio nel 1984 non era l’auto del legionario: gli investigatori all’epoca rintracciarono il proprietario, un pescatore.
Riascolta l’intervista a Paolo Cochi.