In piena emergenza Coronavirus si parla tanto di pasti serviti a domicilio in alternativa ai ristoranti che sono chiusi, ma la realtà è che le consegne di cibo e il lavoro dei “riders” sono diminuiti. I ciclofattorini delle varie piattaforme si trovano quindi con guadagni ridotti al minimo e impossibilitati anche ad accedere ai famosi 600 euro, che non spettano a chi ha collaborazioni occasionali (è il caso della maggior parte dei riders, anche perché spesso il lavoro occasionale camuffa in realtà prestazioni svolte in modo continuativo). In pratica il food delivery è nell’elenco dei “servizi essenziali” ma i ciclofattorini non sono tutelati se lavorano e non sono tutelati se non lavorano. Per questo i riders fiorentini insieme a Nidil Cgil Firenze hanno lanciato la campagna social #dimenticatidaConte attraverso la pagina fabebook “Firenze riders”.
“L’indennità prevista nel Decreto Cura Italia – spiega la Nidil Cgil – è riservata solo a coloro che hanno una partita iva o una collaborazione coordinata e continuativa (cococo). La maggior parte dei rider per volontà delle piattaforme invece lavora con una collaborazione occasionale anche se collabora da tempo, magari perché, ironia della sorte, precedentemente avevano avuto proprio la cococo dismessa ormai da tutte le piattaforme”. Per questo il sindacato “ha chiesto e continua a chiedere che per questi lavoratori vengano attivate misure di sostegno al reddito, utili non solo ad affrontare evidenti cali di attività, ma anche nel caso in cui i riders, visto che le società non si sono ancora fatte carico di consegnare dispositivi di protezione individuale, decidessero di fermarsi”. Già, neppure i ciclofattorini hanno le mascherine, come ci ha raccontato Jonathan in questa intervista.