Perché si può andare a comprare un pollo arrosto nella gastronomia di un centro commerciale a qualche chilometro di distanza, facendo un’ora di fila all’ingresso, e non si può comprare un pollo arrosto dal ristorante sotto casa? E’ la domanda che pone Aldo Cursano, presidente di Fipe Confcommercio Toscana. Cursano e la Fipe hanno iniziato una battaglia per chiedere che ai ristoranti sia consentito il “take-away”, la vendita da asporto. “E’ sempre stata una prerogativa del nostro comparto: chi ha strutture, organizzazione, cucine e professionalità è in grado di preparare in assoluta sicurezza tutto ciò che fa parte del proprio menù e di poterlo consegnare per la consumazione a casa”. Ma oggi questo non si può fare: i locali possono al limite consegnare a casa, questo però comporta un costo aggiuntivo per il cliente oppure una riduzione del margine di guadagno per il ristoratore. “A noi è impedito, ma l’asporto ai forni, agli alimentari, agli ortofrutta, ai supermercati e ai minimarket è stato consentito”, argomenta Cursano. “Questo fa molto arrabbiare”. “Nessuno ritiene che ci siano ancora le condizioni per somministrare sul luogo – prosegue – ma per preparare e consegnare sì”. Rischi di assembramenti davanti ai locali? Per Cursano non ve ne sono: i ristoratori riuscirebbero a fornire l’orario esatto per la consegna del pasto, scongiurando le code di clienti davanti all’uscio.
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